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Obbligazioni

Investire in obbligazioni continua ad essere una pratica molto diffusa, soprattutto per chi vuole investimenti sicuri. Ma le obbligazioni sono sicure davvero? Chi dovrebbe investirci? Che percentuale del nostro capitale dobbiamo investire in questo tipo di titoli? Parleremo anche dei diversi tipi di obbligazioni e di come riconoscere quelle sicure da quelle che invece sono più speculative e più rischiose.

Se stai pensando di investire in obbligazioni, che si tratti di titolo di stato, oppure di obbligazioni corporate, questa è la guida giusta per partire. Analizzeremo infatti tutti gli aspetti che riguardano questo specifico mercato, individuando anche i trucchi e i segreti per investire al meglio, sul breve, medio e lungo periodo.

Che cosa sono le obbligazioni? Come funzionano?

Le obbligazioni sono un titolo tramite il quale si offre un finanziamento a chi emette il titolo, in cambio del pagamento di un certo tasso di interesse. La definizione di scuola può essere relativamente incomprensibile, soprattutto per chi non ha studi giuridici o economici alle spalle. Un esempio ci aiuterà a capire il meglio come funzionano le obbligazioni:

  1. Uno stato o un’azienda ha bisogno di finanziarsi ed emette una certa quantità di obbligazioni, da vendere tramite le banche;
  2. Acquisti una quantità di titoli, per una certa quantità di denaro e quindi tecnicamente presti denaro a chi ha emesso il titolo
  3. Nel corso del rapporto, l’emittente ti paga interessi e a fine vita del titolo ti corrisponde il capitale che avevi investito

In soldoni, stiamo prestando denaro ad un ente pubblico o privato, in cambio di un determinato interesse.

Come funzionano le obbligazioni

Le obbligazioni sono dei titoli di credito che garantiscono dei rendimenti periodici, o, in alcuni casi, la possibilità di riscuotere a termine la differenza tra capitale e interessi. Ci sono diversi aspetti che devono poi essere considerati per quanto concerne il funzionamento delle obbligazioni.

Rendimento obbligazioni

Al contrario di quello che accade per le azioni, il rendimento delle obbligazioni è sempre prevedibile. Questo perché quando acquistiamo un titolo di stato o un’obbligazione corporate, a questo titolo è associato un tasso di interesse. Riceveremo sempre quell’interesse, che potrà essere corrisposto o a scadenze regolari durante il rapporto (con le famose cedole – delle quali parleremo più avanti), oppure alla scadenza del titolo.

federal reserve emissione obbligazioni usa statali e federali
La FED gestisce l’emissione di obbligazioni USA statali e federali

Fondamentalmente il valore delle obbligazioni, per chi mantiene il titolo e non vuole rivenderlo durante il rapporto, rimane dunque sempre fisso. Se acquistiamo un titolo di stato emesso dall’Italia con scadenza decennale (un tipico BTP) al 2,30%, saremo certi di ricevere ogni anno il 2,30% di interesse, a meno che l’Italia non dovesse fallire.

Vale la pena di ricordare che esistono delle obbligazioni a tasso variabile – sono piuttosto rare comunque ed eviteremo di parlarne nel corso di questa guida, perché appunto molto rare e fondamentalmente residuali.

Obbligazioni: tipologie

Esistono molte tipologie di obbligazioni, che possono variare per tipologia dell’ente che le emette, per tipologia di rimborso, nonché per priorità del rimborso rispetto ad altri debiti contratti dallo stesso ente.

Nello specifico:

  • Obbligazioni statali: sono quelle emesse da enti statali o para-statali, oppure ancora da amministrazioni pubbliche locali
  • Obbligazioni corporate: ovvero emesse da società private come possono essere le società quotate in borsa;
  • Obbligazioni subordinate: sono obbligazioni che, in caso di fallimento dell’emittente, portano il creditore ad essere ritenuto di serie B. Nel senso che prima si rimborsano, dalle procedure fallimentari, le obbligazioni standard, poi quelle subordinate;
  • Obbligazioni senior: sono speculari alle obbligazioni subordinate. In questo caso – se dovesse verificarsi un fallimento – il detentore di obbligazioni senior finirebbe per esser rimborsato prima degli altri;
  • Obbligazioni a tasso variabile: sono obbligazioni che hanno un tasso di interesse che si modifica, nel tempo e in presenza di determinati eventi. Son spesso quelle aggiustate secondo l’inflazione;
  • Obbligazioni zero coupon: sono obbligazioni che non pagano interessi periodici. Si paga il titolo meno del valore nominale e a scadenza si riceve l’intero valore nominale.

In realtà negli ultimi anni hanno fatto capolino sul mercato retail, ovvero sul mercato destinato ai piccoli e medi risparmiatori, anche obbligazioni strutturate, nonché obbligazioni convertibili e altri tipi di strumenti complessi che, dell’assetto originario dei bond, conservano davvero poco. Questo sia di avvenenza al lettore: non bisogna farsi imbonire dalla presenza, nel nome del titolo, della locuzione “Obbligazioni“. Perché dentro questa categoria si può trovare praticamente di tutto.

Cosa sono le obbligazioni statali?

Le obbligazioni statali sono delle obbligazioni che vengono emesse da uno stato o comunque da un ente sovrano. Il loro funzionamento non è diverso da quelle corporate. La differenza sta in genere nella solidità di chi emette il titolo. Mediamente – e sottolineiamo mediamente – le obbligazioni statali sono più sicure, perché emesse da enti che non falliscono (quasi mai).

Ci sono stati casi di stati che non sono stati in grado di pagare il proprio debito (pensa all’Argentina, alla ristrutturazione forzata della Grecia, a Porto Rico, allo Zimbabwe), anche se si tratta di titoli che comunque presentavano un rischio piuttosto visibile anche prima del fallimento. Ricordiamo che gli stati sono però una controparte molto forte e che in genere hanno maggiore potere negoziale delle imprese.

Cosa sono le obbligazioni corporate?

Le obbligazioni corporate sono invece obbligazioni che vengono emesse dalle aziende e dunque da enti privati.

Non tutte le aziende sono ovviamente autorizzate ad emettere obbligazioni. Almeno per quanto l’Italia ci sono delle limitazioni importanti per le società che vorrebbero finanziarsi tramite obbligazioni. Nello specifico, non si possono emettere obbligazioni per un valore più alto del doppio del capitale sociale, delle riserve legali e delle riserve disponibili.

Corporate bond - obbligazioni di per se meno rischiose
I corporate bond sono un’alternativa mediamente più rischiosa

Questo vuol dire che, almeno in via molto teorica, ci sono controlli alla base dell’emissione di questo titoli. In realtà – sempre mediamente – i titoli obbligazionari corporate sono più rischiosi dei titoli obbligazionari statali. L’unica differenza importante è che comunque stiamo prestando denaro ad un’istituzione privata.

Obbligazioni rischi

Ci sono diversi tipi di rischio che sono collegati all’investimento in obbligazioni, rischi che sono ovviamente di intensità maggiore o minore a seconda della solidità dell’ente che ha emesso il titolo.

  1. Rischio default: se l’azienda o lo stato al quale avremo prestato denaro fallisce, ci sarà davvero poco da fare. Non si tratta di un evento comune (anzi, per le obbligazioni sicure è un eventualità praticamente impossibile), ma è comunque un rischio da valutare;
  2. Rischio del tasso di interesse: si tratta di un tema relativamente complicato per chi è nuovo del mondo della finanza. Immaginiamo che i tassi di base salgano. Potremmo con ogni probabilità impiegare il capitale che abbiamo inchiodato alle obbligazioni in modo più efficiente. Potremmo decidere di vendere l’obbligazione in questo caso (vedremo poi come), anche se il prezzo del titolo varrà meno in virtù del fatto che i tassi si sono alzati;
  3. Rischio inflazione: i rendimenti delle obbligazioni sono ai minimi storici e lo stesso si può dire dell’inflazione, almeno in area Euro. Nel caso in cui però l’inflazione dovesse risalire, il rendimento sarebbe con ogni probabilità inferiore al deprezzamento della moneta.

Il primo rischio è decisamente il più grave. Se dovesse verificarsi, ci troveremmo a perdere tutto il capitale. Nel secondo e terzo caso invece avremmo soltanto un rendimento più basso, cosa che è sicuramente preoccupante, ma sicuramente lontana dalla perdita complessiva di tutto il capitale.

Come riconoscere le obbligazioni rischiose da quelle sicure

Le obbligazioni sicure sono obbligazioni che non sono a rischio default, obbligazioni emesse da enti solidi e in genere con un bassissimo tasso di interesse. Il rischio di un’obbligazione può essere valutato con l’aiuto di diversi fattori.

Il rating delle obbligazioni

È un punteggio che le principali agenzie di rating mondiale attribuiscono ad un titolo. Si parte da AAA+ (il massimo della sicurezza), per finire verso C, che vuol dire in soldoni che il titolo è spazzatura e che con ogni probabilità non rivedremo mai il capitale investito.

Il rating non è sicuramente uno strumento infallibile. È capitato più volte che le agenzie di rating prendessero cantonate – in genere quando i fondamentali dello stato o dell’azienda erano riportati da questi in modo truffaldino – anche se si tratta comunque di una ottima indicazione dalla quale partire.

Tasso di interesse riconosciuto

Il tasso di interesse è uno strumento fondamentale per l’economia moderna. Da un lato è interessante perché ci permette di sapere in anticipo quanto andremo a guadagnare, dall’altro è misura del rischio. Questo può sembrare poco intuitivo, se non dovessimo spiegare qual è il collegamento.

Quando prestiamo denaro ad un debitore, esigiamo un tasso di interesse più alto se questi presenta maggiori rischi. Il ragionamento di fondo è che deve esserci qualcosa che mi spinge a prestare denaro a chi è meno affidabile. Se tutti i prestiti rendessero lo stesso tasso di interesse, tutti si affollerebbero a prestare denaro ai soggetti più sicuri.

Nel mondo delle obbligazioni statali, tutti vorrebbero prestare a Germania, Finlandia, Stati Uniti e Australia e in pochissimi invece vorrebbero prestare al Venezuela, a Santo Domingo o alla Turchia. Il tasso di interesse muta proprio in virtù di questo: il debitore che è più rischioso offre tassi di interesse maggiori per attrarre prestatori.

La seconda metà della mela è che dunque il tasso di interesse è il termometro del rischio. I mercati non sono perfetti, ma sono molto bravi a valutare il rischio e a quantificarlo con un determinato tasso di interesse. In soldoni, quando incontriamo un tasso di interesse alto, vuol dire che l’investimento è più rischioso.

La durata: più è lunga, più mediamente il rischio è alto

Anche la durata è una parte dell’equazione del rischio. È molto più facile prevedere se l’Italia sia in grado di rimborsare il proprio debito tra 1 anno, rispetto alla previsione della possibilità di rimborso del debito a 10 anni. Così i titoli di stato a più lunga scadenza tendenzialmente pagano interessi più alti.

Perché gli stati decidono comunque di emettere una parte consistente del proprio debito in titoli a 10, 20, 30 o addirittura anche 50 anni? Perché si tratta di debito solido, che non subirà shock nel caso di una crisi importante ma momentanea, non salirà di costo/rendimento nel caso di panico dei mercati e più in generale è maggiormente pianificabile.

Per fare un esempio tenendo sempre conto dell’Italia, i titoli a scadenza annuale rendono poco più di zero. I titoli decennali viaggiano intorno a 2,6%!

Lo strano caso delle obbligazioni a rendimento negativo

Sì, può capitare di incontrare obbligazioni che abbiano addirittura rendimento negativo. È il caso dei titoli emessi da entità molto solide, in periodi dove l’inflazione è molto bassa, o addirittura c’è deflazione. Serve, perché si verifichi una situazione del genere, anche un tasso di interesse molto basso fissato dalla banca centrale.

La situazione è in genere molto rara, ma si calcola che in questo momento circa 1/3 delle obbligazioni scambiate a livello mondiale abbia rendimento negativo.

Perché investire in titoli del genere? Per il piccolo risparmiatore che opera per conto proprio e sta cercando di creare un portafoglio, la cosa non ha ovviamente senso. Lasciare i soldi sul conto corrente in banca è più vantaggioso.

Questi titoli però sono comunque molto ricercati perché:

  1. Fondi comuni e altri tipi di risparmio gestito devono investire, in taluni casi, un tot del loro capitale in titoli tripla A. Quando le triple A rendono negativamente, non possono fare altro che comprarle ugualmente;
  2. Cambio: un investitore americano può investire in Bond Tedeschi a rendimento negativo, perché si aspetta comunque che l’Euro nell’arco di 10 anni avrà un valore superiore a quello attuale, guadagnando dunque dal tasso di cambio. Potrebbe sicuramente investire in Forex, ma il titolo obbligazionario può essere utilizzato come collaterale più facilmente in operazioni finanziarie;
  3. Collaterale: gli ETF ed altri tipi di titoli strutturati devono necessariamente acquistare questo tipo di bond per la composizione di alcuni panieri e portafogli.

La vicenda, per quanto curiosa possa essere, non deve interessarci in alcun modo. La situazione sarà destinata a cambiare e chi vuole comunque investire in titoli sicuri dovrà ingoiare il rospo ed evitare queste obbligazioni a rendita negativa.

Come guadagnare con le obbligazioni

Le obbligazioni sono un titolo all’apparenza statico, che può essere utilizzato però anche per fare trading. Nessuno obbliga nessuno però a mantenere il titolo fino alla scadenza e esiste invece un florido mercato secondario dove si possono vendere e comprare obbligazioni.

Perché vendere un titolo che ha rendimento fisso? Dove può stare la speculazione e quindi il guadagno e la perdita? In realtà il discorso, una volta inserite le obbligazioni in un contesto globale finanziario, è molto più complesso.

Immaginiamo di aver acquistato obbligazioni italiane al 2,6% su 10 anni. Il rendimento, al netto della pur scarsa inflazione, è poco di cui andare fieri, seppur comunque superiore al rendimento negativo dei BTP tedeschi.

Immaginiamo ora di essere al terzo anno di vita del titolo: vogliamo venderlo perché abbiamo bisogno di liquidità o perché le mutate condizioni dei mercati ci fanno propendere per un investimento finanziario di diversa natura.

Possiamo vendere il titolo sul mercato secondario. Il suo valore però non sarà quello di acquisto: sarà più basso se gli interessi medi che circolano sono più alti, sarà più alto se invece gli interessi medi che circolano saranno più bassi. La situazione è abbastanza cervellotica. Un esempio dovrebbe aiutarci a comprenderla meglio.

Torniamo al titolo che abbiamo comprato, il BTP italiano a 10 anni al 2,6%. Tra due o tre anni l’Italia si trova ad affrontare una situazione economica particolarmente grave – stiamo facendo un esempio – che la rende un debitore molto meno affidabile.

Il titolo che abbiamo in mano continua a rendere il 2,6% annuo, ma quelli di nuova emissione si aggirano intorno al 4%. Chi comprerebbe il titolo? Tutti, a patto che ci sia ovviamente un forte sconto. Se il titolo vale nominalmente 1.000 euro, gli acquirenti proveranno a comprarlo a molto meno, scontando – questo è il termine tecnico – il rischio maggiore che adesso rappresenta.

Il mercato delle obbligazioni è dunque un mercato assolutamente dinamico, un po’ come quello delle azioni, sebbene tendenzialmente le condizioni economiche di uno stato tendono a modificarsi in modo molto più lento rispetto a quelle di un’azienda.

Lo spread? È parte di questa situazione

Tutti avranno sicuramente sentito parlare di spread tra i titoli italiani e quelli tedeschi, che si esprime in millesimi di punto. Quando sentiamo che lo spread è a 260, vuol dire che un titolo italiano sul mercato secondario rende il 2,6% in più rispetto all’omologo tedesco.

Il discorso è complicato, anche in questo caso: abbiamo un titolo in portafoglio che rende, mettiamo, il 2% annuo, il suo interesse riconosciuto non cambia con il tempo. Che vuol dire che lo spread sale?

Vuol dire che il valore del titolo sul mercato secondario cambia, perché i mercati ritengono aumentata la rischiosità dell’Italia rispetto alla Germania. Lo spread attiene dunque esclusivamente al mercato secondario. Il debito già emesso per l’Italia continuerà a costare lo stesso in termini di interessi, sebbene un aumento dello spread non sia comunque un buon segno.

Obbligazioni e cedola: come si ritirano gli interessi

Gli interessi delle obbligazioni vengono in genere versati ogni 6 mesi tramite una cedola. In realtà oggi le cedole sono completamente digitalizzate e vedremo soltanto accreditarci gli interessi riconosciuti sul nostro conto titoli. Il nome è in realtà un richiamo al passato: un tempo le obbligazioni erano un grosso pacco di cedole da strappare e portare in banca a scadenza per ritirare l’interesse. Un po’ come avveniva per le cambiali da pagare.

Le cedole vengono comunemente pagate due volte l’anno, per la metà dell’interesse annuale riconosciuto. Se abbiamo un titolo che vale il 3% annuo, ogni 6 mesi riceveremo l’1,5% del capitale investito.

Per capirci, una cedola di 10.000 euro in titoli che rendono il 3% è di 150 euro ogni 6 mesi. Discorso diverso invece per le obbligazioni zero coupon. Il rendimento in questo caso funziona in modo molto diverso. Non c’è un interesse stabilito, ma un prezzo per il titolo che è inferiore a quanto riceveremo a scadenza.

Ad esempio, immaginiamo di acquistare un’obbligazione zero coupon a 3 anni. Vogliamo ottenere 1.000 euro a scadenza e quindi acquistiamo un titolo che paghi esattamente 1.000 euro, appunto, alla scadenza. All’acquisto non pagheremo però 1.000 euro, ma una somma che è inferiore. Immaginiamo di pagare 940 euro per un’obbligazione di questo tipo. Avremo guadagnato 60 euro in 10 anni.

Come si calcola il rendimento? Si parte dal valore a scadenza, 1.000 euro, al quale si sottrae la differenza tra il valore finale e quello di acquisto. In questo caso avremo 1000 – 940 = 60. Il risultato va poi diviso di nuovo per la somma di acquisto.

Avremo dunque un rendimento di 60/940 = circa 6,38%.

Non ci sono vantaggi o svantaggi nell’acquistare questo tipo di obbligazioni. La differenza è che gli interessi, appunto, li riceveremo tutti a scadenza del titolo.

Quali paesi emettono obbligazioni e in quali conviene investire?

Possiamo dire oggi che praticamente tutte le entità statali emettono obbligazioni per finanziare il loro debito pubblico. Di più, in genere a scadenza di un certo gruppo di titoli, ne vengono emessi di nuovi per ottenere il denaro necessario al pagamento di quelli in scadenza. Oggi abbiamo dunque soltanto l’imbarazzo della scelta per quanto riguarda i paesi nei quali investire tramite obbligazioni.

Debito pubblico italiano
Il debito pubblico italiano è tra i più importanti al mondo

Ricordiamoci però sempre che non stai investendo nell’economia di quel paese, ma nella capacità di quello stato di rimborsare il proprio debito. Le cose spesso vanno di pari passo, ma non è sempre questo il caso.

  1. Europa: si tratta del continente forse più omogeneo sotto questo aspetto, con i titoli che sono tutti mediamente sicuri, almeno se paragonati agli altri su scala globale. Discorso diverso è però investire in titoli tedeschi rispetto a quelli italiani, quelli greci, quelli spagnoli. Esistono differenze importanti anche per quanto riguarda dunque i paesi europei;
  2. Nord America: altro continente molto solido. Ricordiamo però che il titolo viene emesso con valore nominale in valuta diversa dall’Euro e che dunque dovrai necessariamente tenere conto anche del rischio di cambio;
  3. Sud America: situazione completamente diversa. Ci sono sicuramente economie relativamente solide, ma altre – su tutte il Venezuela – sono molto a rischio;
  4. Asia: il grosso dei paesi con i più alti tassi di crescita si trova proprio qui. L’Asia non è però soltanto casa di paesi in via di sviluppo. Il Giappone, una delle maggiori economie mondiali, si trova qui;
  5. Africa: l’investitore che vuole correre qualche rischio in più può trovare in questi paesi occasioni d’oro. Ci sono economie, su tutte Marocco e Sud Africa, in fortissima crescita e che offrono investimenti non eccessivamente rischiosi;
  6. Oceania: situazione pressoché idilliaca. I due principali paesi dell’area, Australia e Nuova Zelanda, sono molto solidi.

Oggi non abbiamo che l’imbarazzo della scelta per quanto riguarda le obbligazioni. Nessuno ci obbliga ad investire in Italia.

Tassazione obbligazioni

Le obbligazioni sono tassate al 12,5% per quanto riguarda i titoli di stato che sono emessi o dall’Italia, o dai paesi presenti nella cosiddetta white list. Le restanti obbligazioni sono invece tassate al 26%, come tutti gli altri redditi da capitale e da investimento.

A parità di rendimento, dunque, le obbligazioni sono più convenienti semplicemente perché andremo a pagare una tassazione minore sui nostri profitti.

Lettura integrativa consigliata: Guida alla tassazione di strumenti finanziari

Conviene investire in obbligazioni oggi?

Il mondo delle obbligazioni è decisamente diverso da quello di qualche anno fa. I rendimenti sono estremamente bassi, quando andiamo a scegliere titoli sicuri. Conviene ancora investire oggi in questo tipo di titoli?

Non che andando in altri settori, a parità di rischio, si riescano ad ottenere rendimenti molto più elevati. Sta di fatto che oggi chi è alla ricerca del rendimento, deve per forza farlo allargando un po’ le vedute sul rischio. Siamo lontani dal momento storico nel quale investire in obbligazioni garantiva una crescita del capitale quantomeno al riparo dell’inflazione.

Se questo sia o meno l’investimento che fa al caso nostro, è una questione che dovremo affrontare necessariamente in fase di composizione del portafoglio. Non possiamo rispondere a questa domanda direttamente, ma soltanto in relazione a quelle che sono le nostre altre scelte di investimento.

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