Uno dei metodi per guadagnare online che si sta diffondendo in veste sempre maggiore, soprattutto in Italia, è il trading tramite i broker Forex. Vale a dire, tutte quelle operazioni di trading che implicano lo scambio di valute monetarie internazionali e la produzione di uno scambio o di una perdita in virtù del loro rispettivo tasso di cambio al momento dell’operazione finanziaria.
Nel caso in cui si registri un guadagno tramite attività di trading Forex, è bene sapere se esistano obblighi nei confronti delle autorità finanziarie ed eventualmente le modalità secondo le quali questo vada dichiarato agli enti amministrativi competenti.
In Italia il regime fiscale prevede che le tasse Forex, oltre una certa soglia, siano del 26% e dichiarabili tramite modello unico F24 con codice 1100. Allo stesso modo, sono previste detrazioni fiscali per la dichiarazione delle minusvalenze negli ultimi 4 anni.
Tasse Forex – Tabella Riepilogativa
🇮🇹Necessarie in Italia? | Sì, in Italia oltre una certa soglia è necessario dichiarare i propri guadagni dal trading forex e versare, di conseguenza, le tasse |
⏰ Da quando? | In Italia è necessario dichiarare le proprie entrate derivanti da Forex fin dal 2010. |
📊 Soglia Limite | La dichiarazione ed il pagamento delle tasse sul Forex diventa obbligatoria al raggiungimento di una soglia di giacenza superiore a 51.645,69€ nel corso dell’ultimo anno. |
⚖️ A quanto ammonta le tasse Forex? | La tassazione sui profitti da trading valutario in Italia è del 26% sulle plusvalenze generate. |
📉Si devono dichiarare le perdite? | Non è necessario, ma è consigliabile per ottenere uno sgravio fiscale. |
📲Piattaforme utilizzabili | Broker Forex regime amministrato; Broker Forex sostituto d’imposta. |
Informarsi a dovere sul merito specifico della tassazione Forex e degli obblighi che scattano per gli investitori a determinate condizioni, è parte essenziale del “pacchetto completo” se si vuole intraprendere questo percorso sotto una veste più professionale e continuativo. Non di meno, si tratta di nozioni ed aggiornamenti in materia che dovrebbero essere a conoscenza anche dei meno esperti, così da porre le basi di una corretta crescita in ambito finanziario.
Il sistema in Italia per le tasse sul Forex: le plusvalenze
Il sistema di tassazione sul Forex in Italia si basa quasi interamente su un singolo concetto finanziario: le plusvalenze. Si tratta di un elemento che in Italia è stato regolato fin dal 1986 e riguarda la variazione di valore positiva derivata dallo scambio di una valuta, considerata all’acquisto ed alla vendita, inclusa in ciò di eventuali sgravi e ammortamenti di natura fiscale.
A titolo dichiarativo, i guadagni generati da una plusvalenza Forex vanno ascritti nella sezione dedicata alla tassazione separata dalle plusvalenze del modello unico sui Redditi delle Persone Fisiche, all’interno del quadro RT. In Italia infatti i guadagni da plusvalenza nel mercato Forex, stando a diverse circolari ufficiali rilasciate dall’Agenzia delle Entrate, non contribuiscono al calcolo IRPEF e dunque devono essere, se vi sono i limiti di imponibilità, essere tassate separatamente rispetto al resto dei redditi dichiarati.
Come si calcolano le Tasse Forex nel 2023
Il calcolo e la dichiarazione delle plusvalenze, e per esteso della giacenza sui vari conti di investimento, è l’attività centrale di tutto il processo di tassazione. Per procedere al calcolo della giacenza complessiva devono essere sommati tutti i controvalori dei depositi e conti intrattenuti anche di valute diverse e su diversi intermediari.
Dunque l’utente deve tenere a mente tutti i vari conti aperti su piattaforme e i migliori broker Forex, sia broker Forex a regime amministrato o broker Forex sostituto d’imposta (vedremo dopo le differenze nel dettaglio).
Si tenga presente come per l’autorità finanziaria italiana e per l’Agenzia delle Entrate, all’interno del conteggio delle plusvalenze e della giacenza complessiva dei redditi derivanti da trading Forex, vanno incluse anche le valute estere che si detengono, così come anche (da poco tempo a dire il vero) le valute virtuali. Secondo le linee guida dell’Agenzia delle entrate:
I redditi da ascrivere al conteggio delle plusvalenze sono costituiti dalla somma algebrica dei differenziali positivi o negativi, nonché degli altri proventi od oneri, percepiti o sostenuti, in relazione a ciascuno dei rapporti ivi indicati
Questi calcoli richiedono spesso diverso tempo per essere effettuati e, soprattutto, per recuperare tutte le informazioni necessarie e richieste per la dichiarazione. Inoltre, non va dimenticato come spesso per procedere a questi calcoli, soprattutto laddove si parli di plusvalenze e controvalori, sia necessaria la presenza di una figura professionale o che si sappia dove cercare i resoconti finali all’interno delle piattaforme di trading.
In tal senso va notato infatti come l’approccio con le piattaforme per la cessione dei resoconti di questo tipo può essere talvolta lento e particolarmente macchinoso per via di tutta una serie di motivi. Di conseguenza può essere utile rintracciare per tempo le sezioni della propria area personale dalla quale recuperare questa documentazione o informarsi in anticipo su come (e soprattutto sui tempi impiegati) la piattaforma utilizzata per fare trading provvede al rilascio di queste carte.
Quando si pagano le tasse Forex in Italia?
I limiti temporali previsti dall’ordinamento italiano per il pagamento delle tasse sulle operazioni forex non sono diversi da quelli applicati alle altre imposte. Questo vale a dire che entro il limite del 30 giugno dell’anno successivo rispetto a quello in cui le plusvalenze sono state realizzate. Tuttavia è prevista la possibilità di posticipare il pagamento di ulteriori 30 giorni applicando tuttavia una maggiorazione dello 0,40% sul totale dovuto.
Il pagamento delle tasse forex in Italia, dunque, non differisce da quello per le altre imposte ed anche qui è necessario ricorrere al famoso modulo F24 disponibile in modo totalmente gratuito sul sito dell’Agenzia delle Entrate. Il modulo andrà compilato di una parte anagrafica con l’aggiunta del codice contributivo legato alle attività da Trading Online, vale a dire 1100.
Questo codice è valido per tutte le attività di trading svolte in rete, che si tratti di forex, azioni, materie prime e quanto altro è oggi possibile effettuare all’interno delle piattaforme di investimento. Ovviamente, occorre anche dichiarare l’anno di imposta corretto, vale a dire relativo al periodo in cui le plusvalenze dichiarate sono state effettivamente effettuate e registrate.
Quante tasse Forex è necessario pagare?
Una domanda sempre piuttosto gettonata quando si sfiora l’argomento tributario in ottica di investimenti è quante tasse sul forex trading, effettivamente, si pagano. Anzitutto, bisogna chiarire una serie di posizioni iniziali:
- Non tutti devono versare le tasse relative al trading forex, ma solo chi supera una certa soglia relativa alla giacenza complessiva nella totalità dei conti detenuti
- Non tutti devono pagare personalmente le proprie tasse forex, potendo avvalersi invece della funzione dei broker Forex sostituto d’imposta concessa ad alcuni intermediari di trading dalle autorità italiane.
Il secondo di questi due punti è sicuramente quello tecnicamente più complesso, dunque abbiamo deciso di dedicarvi un paragrafo intero, che potrai ritrovare scorrendo in basso questo articolo. Per quanto riguarda il primo punto, invece, è opportuno aprire una parentesi direttamente in questa sede, considerato come si aggancia direttamente al punto focale di questo paragrafo.
Tutti i redditi da trading online che ricadono sotto il codice contributivo 1100, e per estensione anche le plusvalenze da forex, ricadono in un regime tributario fisso del 26%. Tuttavia, non tutti sono soggetti a questa tassazione ed a seconda del singolo caso si potrebbe anche essere esentati dal pagamento di questa imposta sostitutiva. L’Agenzia delle entrate è molto chiara su questo punto ed all’interno delle linee guida e delle disposizioni ufficiali è stipulato come:
“La tassazione delle plusvalenze derivanti dalla cessione di valute provenienti da depositi e conti correnti si ha solo nel caso in cui la giacenza in valuta nei depositi e conti correnti complessivamente sia superiore a 51.645,69 euro per almeno 7 giorni lavorativi continui nel periodo d’imposta in cui la plusvalenza è stata realizzata”
Ne consegue che 51.645,69€ è la soglia limite oltre la quale, stando al regime fiscale del nostro Paese, scatta per gli investitori l’obbligo dell’imposta sostitutiva al 26% sulle plusvalenze generate nell’ultimo anno.
Come non pagare le tasse Forex oggi: alternative legali
Inutile nasconderlo: il sogno di ogni investitore sarebbe quello di non pagare tasse o, quantomeno, pagarne il meno possibile. Spesso un ragionamento del genere viene erroneamente accostato all’evasione fiscale: ma si tratta di una conclusione affrettata e, come detto, fuorviante e sbagliata.
Esistono diversi metodi legali e del tutto legittimi e previsti dalla legge per evitare di pagare tasse sui propri profitti derivanti dal Forex. Nel corso di questo paragrafo ne elenchiamo 3:
- Il primo, nonché forse il più scontato, è stato già accennato nel paragrafo precedente e riguarda la soglia di imponibilità sotto la quale un investitore non è tenuto a versare nulla al fisco. Mantenendo la propria giacenza complessiva al di sotto della fatidica soglia di 51.645,69€, infatti, non si sarà soggetti all’imposta sostitutiva del 26%. Ora, per giungere ad un risultato simile si aprono due strade all’investitore: da un lato una deliberata riduzione dei propri profitti, dall’altro un utilizzo attento delle minusvalenze da utilizzare nel computo del conteggio e che possono concedere margini di manovra più o meno ampi per rientrare nel range non imponibilità previsto dalla legge.
- In secondo luogo, si può prendere in considerazione l’idea di un cambio di residenza fiscale. Il cambio della residenza fiscale consente di non pagare le tasse sul trading online. Più esattamente si tratta di trasferire la propria residenza dall’Italia a un Paese senza tasse sul capital gain, come per esempio la Svizzera, il Belgio oppure il Lussemburgo. L’ostacolo più evidente qui è dettato dai criteri necessari per ottenere il cambio di residenza in uno di questi Paesi.
- In terzo, ed ultimo punto, può essere utile considerare fra le alternative per limitare l’esborso in imposte anche la possibilità di investire in un PIR. PIR è una sigla che sta per Piano Individuale di Risparmio: sono forme di investimento di medio-lungo periodo in strumenti finanziari di imprese che, al ricorrere di alcuni requisiti stabiliti dalla legge, consentono ai sottoscrittori di ottenere importanti benefici fiscali.
Come si è potuto notare da questa breve carrellata, le alternative per limitare la propria esposizione al cuneo fiscale non mancano di certo. Bisogna tuttavia essere attenti alle opportunità che si presentano e di norma è buona abitudine farsi affiancare da un esperto nel settore quando si decide di intraprendere strade di questo tipo, onde evitare di mettere un piede in fallo e travalicare nell’illecito o nel penale.
Cosa succede se non si dichiarano i guadagni Forex
Uno degli aspetti fondamentali da dover necessariamente sottolineare sono le conseguenze che potrebbero derivare da una mancata dichiarazione, volontaria o meno, dei guadagni e delle plusvalenze che si sono ottenuti grazie al trading forex nel corso dell’anno. Non dichiarare le proprie plusvalenze o mancare il dovuto pagamento può infatti comportare diverse conseguenze che vanno da una notifica di sollecito ufficiale da parte dell’Agenzia delle Entrate fino ad ammende pecuniarie ed ipotesi di reato nel caso in cui l’imposta evasa superi i 50.000€.
Quando alla nostra redazione arrivano messaggi, domande e richieste riguardanti il fatto se convenga o meno procedere al conteggio ed alla dichiarazione della propria giacenza di conto generata dal trading Forex, la risposta è sempre sì. Da un lato si potrebbe obiettare che questa pratica è lenta, farraginosa e per certi versi anche molto costosa nel momento in cui si rendono necessarie le competenze di un contabile.
A questa posizione si potrebbe replicare che ogni anno centinaia di trader convinti di non dover versare nulla, e che dunque non sentono la necessità di procedere al conteggio ed alla dichiarazione della propria giacenza, finiscano col vedersi recapitata dall’Agenzia delle Entrata la cosiddetta “lettera di compliance”.
Si tratta di una situazione le cui conseguenze sono spesso molto più costose in termini di tempo e denaro rispetto a qualsiasi consulenza di contabilità nella dichiarazione delle plusvalenza: una volta ricevuta la lettera di compliance è infatti necessario stilare una dichiarazione integrativa con l’ausilio di un commercialista, potendo così intervenire nell’immediato.
Decidendo invece di non inviare la dichiarazione integrativa e dunque intervenire sulla mancanza individuata, si potrebbe ricevere nel breve-medio periodo un avviso di accertamento da parte delle autorità competenti e che, se dovesse rinvenire irregolarità, comporta, inevitabilmente, l’applicazione di sanzioni piene da parte dell’Agenzia delle Entrate.
Come funziona la tassazione Forex nel mondo
Ovviamente i regimi fiscali cambiano da nazione e nazione ed è dunque lecito aspettarsi che nel resto del mondo la tassazione forex possa mutare fuori dai confini del nostro Paese. Come già citato, in Italia l’imposta sostitutiva sui proventi da trading (vale a dire le plusvalenze) sono sottoposte ad una tassazione del 26%.
Diversamente da quanto si può spesso pensare in virtù di clichè e luoghi comuni, non si tratta di un regime fiscale esagerato ed è ben in linea con le altre nazioni occidentali. Per un rapido confronto si pensi che nell’Unione Europea la tassazione sulle plusvalenze è rispettivamente:
🌎 Nazione | 💰Tassa FX sui Capital Gains (plusvalenze) |
---|---|
🇨🇿 Repubblica Ceca | 15% |
🇹🇩Romania | 16% |
🇫🇷Francia | 22,5% |
🇪🇸Spagna | 23% |
🇩🇪Germania | 26,5% |
🇵🇹Portogallo | 28% |
🇸🇪Svezia | 30% |
🇩🇰Danimarca | 42% |
Bisogna poi considerare che in virtù di una serie di normative europee di adeguamento comunitario, ormai le modalità di dichiarazione e pagamento delle tasse sul forex nel territorio dell’Unione Europea è grossomodo sempre lo stesso.
Diversa è invece la situazione nei Paesi del mondo che adottano regimi fiscali minimi o completamente azzerati: i cosiddetti “paradisi fiscali” che attirano spesso le domande di cambio di residenza da parte di centinaia e centinaia di trader dall’Italia per gli evidenti vantaggi fiscali che comportano. In questi paesi spesso non è prevista alcuna tassa sui cosiddetti “Capital Gains” e di conseguenza l’investitore non è tenuto a versare imposte sulle plusvalenze generate grazie al trading forex.
Fra i paradisi fiscali più noti, in Europa, si possono citare il Belgio (0% sui Capital Gains), il Lussemburgo (0% sui Capital Gains), Cipro (0% sui Capital Gains), Malta (0% sui Capital Gains), Grecia (0% sui Capital Gains e sui Bond di stato) oppure Bulgaria (0% sui Capital Gains, sui Bond di stato e sui Bond societari). Di certo, però, il “paradiso fiscale” più noto e che sicuramente può attirare maggiore curiosità nei lettori è la vicina Svizzera. Proprio a questo Paese è dedicato un focus particolare nel prossimo paragrafo.
Tasse Forex in Svizzera
La Svizzera è probabilmente il paese ideale per risparmiare sulle tasse Forex, ma bisogna trasferire la propria residenza nel paese elvetico per usufruire del loro regime agevolato. Questo percorso è spesso impervio e, se non di dispone di una situazione finanziaria discreta, è difficile ottenere la cittadinanza svizzera.
Le tasse individuali sulle plusvalenze sono zero in Svizzera, quindi può essere un’ottima scelta per un trader professionista che desidera ottimizzare al massimo il frutto del suo lavoro. Bisogna tuttavia tenere a mente che anche la Svizzera, seppur in maniera nettamente più limitata, nell’ultimo decennio ha iniziato ad avvicinarsi sempre di più alle norme bancarie internazionali. Il primo passo sotto questo versante è stato rappresentato dall’abbandono del Segreto Bancario nel 2017.
Nonostante per ora resti ampiamente fuori discussione, tuttavia, non è da escludere che nei prossimi decenni anche la Svizzera possa adottare una strada simile a quella che negli ultimi mesi è stata affrontata dagli Emirati Arabi Uniti, a Dubai: da paradiso fiscale infatti la “città dei trader” negli ultimi tempi ha iniziato a trasformarsi regolamentando con più attenzione il proprio regime fiscale, pur restando fra i più bassi al mondo.
Broker Forex regime amministrato o sostituto d’imposta? Quale scegliere
In generale, un broker Forex agisce come intermediario tra il trader e il mercato forex. La differenza tra un broker Forex a regime amministrato e uno sostituto d’imposta è la loro funzione fiscale specifica. Un broker Forex a regime amministrato è responsabile della dichiarazione dei guadagni del trader alle autorità fiscali competenti e del pagamento delle relative tasse. In pratica, il broker agisce come agente riscossore delle tasse per conto del trader. Ciò significa che il trader non deve preoccuparsi di dichiarare i propri guadagni fiscali alle autorità competenti e pagare le tasse dovute direttamente.
D’altra parte, un broker Forex sostituto d’imposta assume la responsabilità di riscuotere e pagare le tasse sulle transazioni forex del trader al posto di quest’ultimo. In altre parole, il broker agisce come sostituto d’imposta e il trader non deve preoccuparsi di dichiarare i propri guadagni fiscali alle autorità competenti e pagare le tasse dovute direttamente.
In entrambi i casi, il trader deve comunque essere consapevole delle proprie responsabilità fiscali e assicurarsi di rispettare le normative fiscali locali. Inoltre, è importante scegliere un broker Forex affidabile e regolamentato per garantire la massima trasparenza e sicurezza delle transazioni.
Broker Forex come sostituto d’imposta: approfondimento
In apertura di questo breve articolo abbiamo rapidamente citato la possibilità che è stata data alle piattaforme di trading di agire come sostituto d’imposta, ma cosa significa di preciso la dicitura broker Forex sostituto d’imposta? Come suggerisce il nome stesso, si tratta di un protocollo che consente a broker e piattaforme forex che godano di alcune precise caratteristiche di agevolare l’iter che l’utente si ritroverà a seguire nella tassazione delle sue plusvalenze, ove resa necessaria.
Infatti, nel caso in cui il trader operi con l’utilizzo di un intermediario finanziario italiano (o autorizzato ad operare in italia) l’imposta sostitutiva è direttamente applicata da questi. Il broker forex sostituto d’imposta trattiene dunque il 26% delle plusvalenze incassate durante il corso dell’ultimo anno solare dal trader in qualità di sostituto d’imposta. Avviene, quindi, una tassazione alla fonte delle plusvalenze, ovviamente solo nel caso in cui sia stata superata la soglia di imponibilità.
Questa possibilità determina ovviamente anche l’esonero dall’obbligo di presentare la dichiarazione dei redditi. L’esonero, naturalmente, riguarda in via esclusiva le plusvalenze da Forex e non si allarga ad altre categorie di redditi imponibili.
Diversamente, qualora si utilizzi invece un broker estero (situazione nettamente più comune al giorno d’oggi) è opportuno sapere come in questo caso non possano applicarsi i vantaggi del sostituto d’imposta. Questo significa che se il trader supera la soglia di esenzione di cui si è già discusso, ha l’obbligo di presentare la dichiarazione dei redditi dopo aver richiesto tutta la documentazione necessaria presso il broker o la piattaforma di trading utilizzata.
Senza queste certificazioni da parte degli intermediari è molto difficile effettuare i calcoli per determinare i valori di plusvalenze/minusvalenze generate, dunque è consigliabile fare quanto è nelle proprie disponibilità per riuscire ad ottenerli.
Broker Forex regime amministrato: approfondimento
Se un broker Forex è “amministrato”, significa che è regolamentato da un’autorità di regolamentazione finanziaria ufficiale. Queste autorità di regolamentazione esistono in tutto il mondo e supervisionano le attività dei broker Forex al fine di proteggere gli investitori e garantire che le attività del broker siano conformi alle normative in materia di servizi finanziari.
L’essere amministrati da un’autorità di regolamentazione significa che il broker Forex deve seguire rigorosi protocolli di sicurezza e di protezione degli investitori. Ad esempio, un broker Forex regolamentato deve mantenere i fondi dei clienti in conti separati dai propri, adottare politiche di trasparenza dei prezzi, fornire un’adeguata formazione e assistenza ai clienti, e rispettare i requisiti di capitale minimo.
In generale, l’essere amministrato da un’autorità di regolamentazione finanziaria aumenta la sicurezza e la protezione degli investitori, in quanto tali autorità hanno il potere di sanzionare i broker che non rispettano le norme e i regolamenti. Quando si sceglie un broker Forex, è importante verificare se è regolamentato e da quale autorità.
Conviene pagare le tasse Forex e evitare problemi
Avviandoci alla conclusione di questo articolo, ci si può domandare se vista la natura complicata e dispendiosa del calcolo e della dichiarazione delle plusvalenze, conviene davvero pagare le tasse forex. La risposta della nostra redazione è assolutamente sì, per una serie di motivi.
- In primo luogo, non dichiarare o non pagare volontariamente le tasse dovute al fisco sulle proprie operazioni Forex costituisce reato e, come si è avuto modo di segnalare, le pene sono particolarmente severe.
- In secondo luogo, perché esistono metodi anche legali per pagare meno o non pagare proprio tasse Forex, come ad esempio la dichiarazione delle minusvalenze, l’adesione ad un PIR oppure il cambio della residenza fiscale.
- Infine, affidandosi ad un broker Forex autorizzato in Italia è possibile utilizzarlo come sostituto d’imposta, una possibilità che praticamente azzera tutte le tempistiche e le spese aggiuntive che erano prima necessari per procedere al conteggio ed alla dichiarazione delle proprie plusvalenze e minusvalenze.
Alla luce di questa serie di ragioni, ci sentiamo di ribadire ancora una volta come il consiglio della nostra redazione sia sempre quello di tenersi in pari con il pagamento delle tasse forex, così da evitare tanto problemi per il futuro, quanto per fare la propria parte all’interno di un ecosistema comunitario come quello del trading.
Considerazioni Finali
In ultimissima battuta, può essere utile fare un rapido riassunto di quanto è stato scritto fino ad ora. Se si sta investendo con una certa regolarità nel mondo del trading Forex, tanto da averne fatto una semi-professione, con molta probabilità bisognerà fare anche i conti con la tassazione dei profitti e dei redditi generati da questa attività.
In Italia ed in Europa le normative sulla tassazione dei proventi da trading online sono relativamente recenti, ma sufficientemente chiare e precise da evitare confusioni nei contribuenti.
Lo stato italiano tassa tutti i proventi dal trading online, ivi inclusi i redditi da forex, con una imposta sostitutiva unica del 26%. I redditi generati sono soggetti a tassazione solo una volta passata la cifra di 51.645,69€ nel corso dell’ultimo anno. Questi vanno prima dichiarati in una sezione apposita del proprio modulo F24 gratuitamente scaricabile dal sito dell’Agenzia delle Entrate e segnate con il codice contributivo 1100.
È stato notato, tuttavia, come esistano diversi modi per evitare di pagare le tasse forex o comunque ridurre il loro impatto sul totale netto delle plusvalenze generate. Questi metodi sono tutti perfettamente legali e previsti dal diritto e riguardano stratagemmi come l’utilizzo strategico delle minusvalenze, il cambio di residenza fiscale o l’adesione ad un PIR (Piano Individuale di Risparmio).
Fra le mete più ambite per quanto riguarda il cambio di residenza fiscale risaltano senza dubbio i paradisi fiscali, vale a dire quelle località in cui non è prevista alcuna forma di tassazione sulle plusvalenze (Capital Gains). Nel corso dell’articolo abbiamo evidenziato i più rinomati, ponendo un accento particolare sulla situazione della vicina Svizzera, sempre particolarmente attenzionata dai trader italiani.
In definitiva, ci sentiamo di sconsigliare la decisione volontaria di non pagare o non dichiarare quanto dovuto alle casse dell’erario statale. Si tratta di un comportamento fuorilegge e che, come visto nel corso di questo articolo, prevede sanzioni e pene esemplari per i trasgressori.
FAQ – Tasse Forex: domande e risposte frequenti
Sì, in Italia si pagano tasse sul reddito derivato dalla generazione di plusvalenze in seguito allo scambio di valute internazionali sul mercato.
In Italia, al 2023, è presente un’imposta sostitutiva unica su tutti i redditi ricavati da trading online fissata al 26%. Si tratta di una percentuale in linea con gli altri paesi europei come Francia o Germania, anche se ovviamente fuori scala se paragonata ai paradisi fiscali esteri.
Se un broker Forex o una piattaforma di trading è autorizzata ad operare in Italia, questo può agire da sostituto d’imposta. Ciò significa che non si rende più necessaria né la dichiarazione diretta né il versamento fisico dei contributi eventualmente richiesti sulle plusvalenze da forex. Sarà invece proprio il broker, tramite un prelievo alla fonte, a recuperare per conto dell’erario statale, quanto dovuto.
La Svizzera è conosciuta per essere un paradiso fiscale fra i più sicuri al mondo. Fino al 2017 il segreto bancario impediva alle banche ed agli istituti di credito svizzeri di diffondere notizie sui propri clienti con enti o istituti terzi. Inoltre, le tasse sulle plusvalenze da forex sono completamente azzerate in Svizzera.
Buongiorno non mi è chiara una cosa, nei riferimenti alle norme si parla di plusvalenze generate all’interno di un periodo di imposta, ma se in un anno fiscale io solo acquisto una valuta e in anni successivi (anche molti anni dopo) io solo vendo quella valuta , la plusvalenza generata (confrontando i valori di acquisto e vendita riferiti ad annualità diverse) va cmq conteggiata e dichiarata ?
grazie molte